La tessera Fidaty dell’Esselunga fa il suo dovere. Con la precisione di un soldato, serra le righe. Se non fossi così concentrato sull’operazione potrei vedere il mio riflesso sullo schermo del telefono.
Sguardi complici tradiscono impazienza.

“L’anno scorso con i punti Fidaty ho comprato un coltello da cucina incazzato nero” dice Alec senza staccare gli occhi dallo schermo.

“Beeeeellooooo” rispondo fingendo entusiasmo.

“Sì, trentacinque punti più venticinque euro. Un punto ogni dieci euro di spesa. Bella roba, alla fine l’hai pagato trecentosettantacinque euro” fa Gallo, serio.

Maneggia la scheda come un bisturi.

“Eh va beh ma allora sei coglione. Con quei trecento euro ci ho fatto la spesa, la roba me la sono mangiata non è che l’ho buttata via. E poi che me ne fotte il coltello è da paura. Nuovo costerà almeno cinquanta euro.”

Silenzio.

Solo il ticchettio nervoso della scheda sul telefono.

L’attesa è quasi finita.

Guardo l’ora: le due meno un quarto. Corra suona tra poco.

Annoiato dalla scena offerta da noi quattro, in piedi attorno al telefono, commento: “L’anno scorso con i punti del Carrefour mia madre ha preso un bellissimo set di pirofile.”

“Cos’è una pirofila?” chiede Gallo.

“Si va beh ma con quanti punti? Centoventi?”

“È una specie di teglia da forno in vetro.” rispondo con un mezzo sbadiglio.

“Non mi vedi.”

L’Ammiraglio balla sul posto mentre scorre meccanicamente le IG Stories, sguardo spento in un tap acritico dopo l’altro, estraniandosi da quella conversazione da casalinghe e facendosi cullare dalla musica techno.

“Sà, ci siamo” dice Gallo con fare sbrigativo, “Chi è il primo?”

Restituisce ad Alec la tessera. Dopo averla ripulita con due rapide leccate, la rimette nel portafoglio.

“A sto giro tocca a me” faccio io sornione “L’ho pagata.”

“Eh, io questo credo” aggiunge Gallo porgendomi il telefono.

Mentre arrotolo lo scontrino faccio attenzione a non stringerlo troppo, per non tapparlo. La sua carta è perfetta perché bella liscia e la polvere scorre che è un piacere. Anche meglio delle banconote, oltre che più igienico.

Dopo aver testato quale delle due narici funziona meglio, sbuffo fuori l’aria e guardo lo schermo. Le righe sono stese perfettamente parallele, quattro montagnette bianche di otto centimetri, belle larghe. A lato, perpendicolare ad esse, una righetta più piccola per la sigaretta. Ovviamente scelgo la più grossa e mi chino sul telefono. Tappo l’altra narice e tiro su con lo scontrino. Un gesto rapido, una sciabolata. Mi alzo di scatto con un gemito di soddisfazione.

Ancora un paio di tirate su con il naso per essere sicuro che non sia rimasto niente e passo agli altri il rotolino di carta.

La botta arriva praticamente subito, rimettendomi al mondo come un fagiolo di Balzar. La sensazione di totale benessere non dura a lungo, ma è molto forte. Improvvisamente mi sento fighissimo.

Gli altri fissano lo schermo. Si sgomita un po’.

L’attesa ora si è fatta famelica.

Lo scontrino passa di mano in mano, a turno i ragazzi compiono il rito che si conclude chinando la testa in un gesto di prostrazione. Mentre Alec sta finendo, arriva Corra: “Nooo ma siete dei bastardi non me ne avete neanche lasciata una? Tra cinque minuti devo suonare!”

Gallo ha già preparato la sigaretta e la sta accendendo. Passa la busta a Corra.

È in quel momento che dietro di loro passa una ragazza bellissima. Una dea. La seguo con lo sguardo, basito. “Ma lei chi è?”

Corra intanto l’ha stesa sul telefono, e dopo una rapida occhiata mi risponde “Lasciala perdere.”

Un po’ mi agito “Perché? Non esiste voglio sapere chi è devo conoscerla!”

Scuote la testa, mi guarda. Arrotola lo scontrino “Lascia stare davvero, non lo vuoi sapere. Fidati.” E va giù sul telefono, in prostrazione.