Tommaso De Martino

Olive

ANNO 01 | NUMERO 05 | MAR 2023

Sono già tutti al tavolo.

– Ecco il nostro Andrea, che non si smentisce mai.

Me l’aspettavo il commento al mio ritardo. Anche il mio fratellone Vincenzo non si smentisce mai. Ma siccome tutta la famiglia è riunita qui per un’occasione speciale come le nozze d’oro dei vecchi, faccio finta di non averlo nemmeno sentito e vado dritto da mamma a darle il più grande dei baci.

– Scusa il ritardo mamma.

– Fa niente tesoro.

– L’avevamo messo in conto, mio caro Andrea, – ed ecco l’immancabile intervento dell’Avvocato, che si alza in piedi e a braccia aperte prosegue nel dibattimento. – Abbiamo già ordinato, anche per te, giusto per portarci avanti.

– Avete fatto bene, – ammetto mentre ricambio il grato abbraccio paterno.

– Non si poteva fare altrimenti, – precisa Vincenzo. – Visto che Alice ha la poppata alle undici e io e Aïcha per quell’ora dobbiamo essere a casa.

Guardo l’orologio che è appeso alla parete del ristorante da quando ne ho memoria; il proprietario, Giulio, vecchio amico di papà, ha sempre spergiurato che è un Mondrian autentico sul quale ha personalmente innestato lancette e meccanismo.

– Sono le otto e mezza, – faccio notare andando a occupare il mio posto accanto a mamma. – Bene, allora godiamoci insieme il tempo che ci resta tra una poppata e l’altra. 

– Sono contenta che hai scelto di allattare al seno, Aïcha, è un sacrificio ma ne vale la pena; io ho fatto lo stesso con questi due e i risultati si vedono.

Fa sempre un bell’effetto riempire d’orgoglio la propria madre.

– Davvero? – Si stupisce Aïcha. – Ma lo sai Tea che ero convinta del contrario, dato che a Vincenzo basta uscire di casa per prendersi un raffreddore.

Il sorriso di mia cognata è solo un compromesso alla risata trattenuta per ritegno, ma non per questo è meno potente. Un sorriso può illuminare una giornata storta e forse non solo.

– Adesso che mi ci fai pensare, mia cara, c’è stato un periodo in cui a Vincenzo ho dato il latte in polvere, giusto per provare, un paio di barattoli non di più durante l’occupazione di Palazzo Campana.
– E tant’è bastato, – l’Avvocato mette il suo inciso, ineluttabile come la mano che pone sulla spalla di Vincenzo.

– Propongo un brindisi ai cinquant’anni di questa coppia inossidabile!

Il fratellone decide che è il momento di giocarsi questa carta. I calici vanno su, poi scendono insieme ai sorsi e alle bollicine. E a me sale un po’ di amarezza, perché a vederlo, Vincenzo sembra felice con Aïcha e Alice. Forse lo è davvero. Finalmente.

Due camerieri portano a tavola un’infornata di antipasti.

Mamma assaggia un’oliva e ne dispone alcune nel piatto di papà.

Vincenzo invece s’impossessa del tagliere e tralasciando il galateo si rivolge a me, trascurando sua moglie.

– Cosa vuoi?

So bene che non mi sta chiedendo se preferisco il salame o lo speck, il pecorino o la fontina, glielo leggo negli occhi che si sta riferendo alla legge che stiamo discutendo alla Camera.

– Sai che voglio sempre il meglio, e qua il meglio coincide con il genuino, – dico inforcando un paio di cubetti di pecorino per impiattarli accanto alle olive che mi ha messo mamma. – Lo sappiamo tutti che Giulio è una garanzia di qualità, per questo ceniamo qui, non per il Mondrian con le lancette, che nemmeno sappiamo se è autentico quello. Questo sì, – e faccio un sol boccone del primo cubetto di formaggio.

– Tu quest’arroganza di porti come unico detentore della verità non la perderai mai, vero? – Commenta lui, stendendo affettati e formaggi vari nel piatto di Aïcha.

– Io rimango fedele a me stesso e ai miei princìpi. Chi sai tu, invece, non riesce a esserlo nemmeno con le dichiarazioni del giorno prima.

– A volte è necessario un compromesso, Andrea, le riforme devono essere condivise. Senza riforme non gestiremo il cambiamento in atto nella società.

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.

– Che fai, mi scadi nella citazione del Gattopardo?

– No, ti cito Alain Delon. L’ho sempre preferito al libro.

– Anch’io, – confessa mia madre, nascondendo un sorriso di nostalgia dietro al gesto di pulirsi col tovagliolo prima di bere.

– Quindi fammi capire: a te e ai tuoi compagni di partito va bene se in aula le destre affossano la proposta di legge?

– Se in nome delle riforme condivise si sacrifica il principio su cui si fonda la proposta di legge che ho presentato e quel che ha di genuino, allora sì, – ammetto io facendo un sol boccone anche del secondo pezzo di formaggio.

Vincenzo posa il tagliere senza essersi preso niente, il suo piatto e rimasto vuoto, non c’è neanche un’oliva. 

– Sognatori. Tutti uguali…

Ecco che parte con una delle sue prediche. Meglio versarmi ancora un po’ di bianco e lasciarlo parlare.

– In nome dei principi dimenticate tutto il resto: come che TU stai mangiando quel che NOI abbiamo ordinato; IO ti ho allungato il tagliere; MAMMA ha avuto premura di non farti mancare le olive. Tu a questa tavola, come in tutta la tua vita, non hai mai fatto un cazzo se non riempirti la pancia.

È la mia mano a compiere il gesto prima che la mente lo desideri.

Aïcha scatta in piedi e prova a tamponare le poche gocce cadute sul suo vestito d’alta moda. Vincenzo mi fissa immobile, com’è immobile papà nel gesto di porgergli il fazzoletto.

Qualcuno ai tavoli vicino osserva la scena. Nemmeno una parola frusta l’aria.

– Lo senti questo silenzio Aïcha? – Fa Vincenzo alla moglie mentre col fazzoletto si asciuga il viso. – Lo vedi anche tu, adesso, come ad Andrea gli si perdoni sempre tutto.

Aïcha si rimette seduta e non sembra prestargli molta attenzione, eppure lui continua.

– Gli è stato perdonato anche di essere andato a letto con la mia prima moglie. E sai perché? Per un principio: perché io ero il maggiore e dovevo capire. È sempre valsa questa regola nella nostra famiglia, vero mamma.

Silenzio.

– Dico bene, papà?

– Non tirarli in mezzo e smettila di fare la vittima, ché dovresti solo ringraziarmi, – e nel dirlo, sottolineo con lo sguardo la presenza di Aïcha. Lei mi restituisce un sorriso che dice grazie, poi china gli occhi. Lo faccio anch’io.

– Sai Vincenzo, mi sento di dirti che questa volta Andrea non ha tutti i torti, – interviene l’Avvocato con la sua mano comprensiva, che per la seconda volta va a posarsi sulla spalla del fratellone. – Guarda Aïcha quant’è giovane e bella, e quanto ti ama.

– E quanto amiamo noi la vostra Alice, – aggiunge mamma, come se la nipotina si potesse mettere sul piatto di quella bislacca bilancia capace di convincere Vincenzo a considerare anche i torti come latori di buone cose.

I miei bruciori di stomaco tornano a farsi sentire. Ma alle parole di mia madre, giustamente, Aïcha sorride e a me basta.

Non a Vincenzo però.

– Voi non sapete. Non capite.

– Sono passati vent’anni Vince’…

– E cinque minuti da quando tu parlavi di genuinità, – ribatte lui osservando le lancette sul Mondrian.

– Che vuoi dire?

– Niente, se non ciò che ho detto: che il tempo passa, e quando passa è passato. Come vedi, nient’altro che una banalità. Tu, piuttosto, ce l’hai qualcosa da dire che sappia sorprenderci? Sei sempre pronto a illuminare tutti, fa lo stesso qua, illumina le zone d’ombra a questa tavola.

– Non capisco di cosa parli, ma non mi sembra né il posto né il momento opportuno, fratello. Abbiamo il piacere e l’onore di festeggiare questa coppia che è arrivata al traguardo dei cinquant’anni di matrimonio, un traguardo che io e te non raggiungeremo mai per ovvi limiti di età, però almeno tu hai la fortuna di avere Aïcha e Alice. Non sono il tuo psicologo, IO, però… Ho detto tutto, – e concludo citando il Peppino del suo film preferito, Totò, Peppino e la… malafemmina, mentre mi allungo a prendere il suo piatto.

– Mamma, – dico con delicatezza. – Hai dimenticato le olive per Vincenzo.

– Dove ho la testa, – si scusa lei, togliendomi il piatto di mano per colmarlo con tutte le olive che può. Poi me lo ripassa.

Sono io a riporlo davanti a Vincenzo, e nel farlo un’oliva rotola fuori dal piatto.

Lui ne osserva l’indeciso zizzagare sulla tovaglia finché non si arresta, poi parte una lunga carrellata sui nostri occhi che culmina con una zoomata in quelli di Aïcha.

Sono sicuro che lei gli ha appoggiato la mano sulla gamba – i movimenti del braccio erano inequivocabili – e sta provando a calmarlo; tra le consapevolezze della sua giovane età c’è quella che per dimenticare non esiste cosa migliore del contatto, dell’abbraccio, delle carezze. Che sia il tempo a guarire le ferite del passato non è vero, almeno per Vincenzo.

– Tutto bene Ernesto? – Chiede Giulio, che è spuntato alle spalle di papà.

È l’Avvocato ad avere ora una mano sulla spalla, e a giudicare dalla sua espressione sembra che pesi come quella sulla bibbia durante un giuramento.

– Tutto perfetto come sempre, – risponde sollevando di poco gli occhi verso l’amico.

Ma Giulio non è contento.

– Tea, che mi dici di quelle olive?

– Deliziose, mio caro, uniche. Non sai quante volte l’ho ripetuto ai miei uomini, – e nel dirlo, mamma spalanca le braccia. – Bastano due olive per arrangiare una serata.

Marzo 2023

© 2023 "Olive" è una pubblicazione digitale della rivista letteraria Nido di Gazza.
Tutti i diritti correlati alla presente rivista sono riservati agli autori e collaboratori di Nido di Gazza.

Nido di Gazza | Rivista Letteraria - Nido di Gazza © Copyright 2023