Eva Luna Mascolino

Testa di rapa

ANNO 01 | NUMERO 08 | GIU 2023

Sto vedendo la nuova puntata di House of the Dragon quando si illumina il cellulare. È un WhatsApp da parte di un numero che non ho in rubrica.

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Ora. A me quando scrivono così fanno imbestialire. Mi stai cercando tu, hai il mio numero e a quantopare sai anche il mio nome. Allora presentati, no? Dimmi qualcosa. Spiegami perché dovrei risponderti.

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Digita per una decina di secondi. Che lentezza.

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Brutto figlio di…

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Quando? Dove? Come?

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Tre domande inutili, forse. Se stesse bene, non sarebbe lì. Che sia sveglia o meno, chi se ne frega. Potrebbe essere svenuta, ma ritrovarsi illesa. Oppure potrebbe essere sveglia ed essersi rotta tutte le ossa. E poi cosa vuoi che cambi se le hanno tagliato la strada o se è stata lei a non dare una precedenza?

A quanto pare, comunque, il numero sta continuando a scrivere.
Per ingannare l’attesa premo sulla sua foto profilo, solo per vedere una testa di rapa ingrandirsi davanti a me. Letteralmente, intendo. Una testa di rapa appoggiata su un’asse di legno.

Lo status è ancora peggio: Troppa ignoranza ke si crede intelligenza.
È un boomer. O un pazzo furioso, come direbbero Cartoni Morti.

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E quindi tanto bene non sta.

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Cosa cazzo ho appena letto?
Mio padre è in cucina, in questo momento. A friggere le uova per stasera e a cantare Con le mani ciao ciao pensando che io non lo senta solo perché ho le cuffie.
Lo capisco in cinque, sei secondi. Ma non sono sicuro di volerlo realizzare.
Può trattarsi di un malinteso, no? Magari mamma era con un collega, con quell’Edo che la riporta sempre a casa dalle riunioni. O con lo zio Carlo. Magari il boomer non ha fatto domande, e loro non hanno avuto il tempo di spiegare, chiunque siano loro.
Metto in pausa il telefilm, che intanto stava andando avanti con una scena di urla e di draghi che dovrò rivedere, e valuto il da farsi.

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La conosco, la risposta. Non ce l’ha il mio numero, perché non è mio padre.

Ma sarebbe stato stupido da far capire a un estraneo, no? Gli avranno dovuto rifilare una scusa. Una scusa che magari mi aiuterà a capire cosa sta succedendo.

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E certo.

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Ok. Lui però poteva contattarmi dal telefono di mia mamma. Non le abbiamo regalato un iPhone 12 per Natale per farle delegare le conversazioni agli sconosciuti. Comunque, non discuto oltre. Non è questo a preoccuparmi, per ora.

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Mi sembra il minimo. O forse il massimo che riesco a fare, dato che poi non aggiungo altro.
Fisso lo schermo con gli occhi vuoti, e che bruciano. Non so se è perché dovrei abbassare la luminosità, o perché il cuore mi si sta aggrovigliando nella gabbia toracica.

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Che risposta idiota. Lo scrivo perché immagino che mi chiederà di andare lì, di sostituirlo, di fare
compagnia a mia madre e a mio padre. E io non ne ho la benché minima intenzione.

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Buffo da dire a un adolescente che sa sua madre al pronto soccorso con uno che non è suo padre, o sbaglio?

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Eh?
E va bene, boomer, chiudiamola qua. Mi fai uno squillo quando hai novità e stop. Non aggiungere altra carne al fuoco, ti prego.
Lo penso, ma non lo dico.
Anzi, da bravo deficiente, non ho ancora lanciato il cellulare contro il muro.

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Ci mancava pure questa.

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Basta…

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Il telefono scotta, mi scivola dalle mani. Cade sotto il letto e decido di lasciarlo lì a marcire. Proprio come le parole di questo boomer, un tizio capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato, che avrebbe fatto meglio a preoccuparsi dei fatti suoi.

Scotta anche la mia fronte, ci passo una mano sopra per scrupolo, ma non capisco se ho la febbre o cosa.

Potrei andare da mio padre e parlare con lui. Ma chissà poi se è davvero lui mio padre, o se sono appena finito in un universo dove ho un altro padre, che mentre io sento gli annunci di Spotify a tutto volume dalla cucina sta parlando con un’infermiera che puzza di alcol etilico.

Dovrei andare da Doctor Strange, ecco da chi. Lui sì che saprebbe spiegarmi questo casino.

All’improvviso il telefono comincia a vibrare, e io vorrei calpestarlo come quello scarafaggio che abbiamo trovato in cantina l’altro giorno.

Invece non ci riesco, e perciò aspetto. Prima o poi si stancherà di suonare. Prima o poi mi lasceranno tutti in pace.

Ma lui non smette, è sempre là. Vibra e si sposta un po’, si sposta un po’ e vibra.

Lo raccolgo con le mani che tremano, mi sembra di essere mio nonno col Parkinson.

È mia madre. Ammesso che lo sia anche in questo nuovo, schifoso universo.

Pronto? mi sento dire, poco convinto.

Alex… comincia lei, con una voce stanchissima. Sei a casa?

le confermo in un sibilo. Con papà aggiungo poi.

Così, giusto per mandarle un segnale.

Sono in ospedale prosegue lei non so se il signor Francesco te l’ha già spiegato.

Sì, tranquilla, mi ha detto tutto.

Ma tutto proprio, mamma. Non hai di che stare in pensiero, ormai.

Ho l’impressione che lei si rilassi, che per un secondo stia dimenticando di avere appena avuto un incidente.

Torno appena posso, va bene? Lo avvisi tu papà? Senza metterlo in agitazione, mi raccomando…

Mamma scandisco io, teso.

Cosa?

Vado avanti? Mi fermo?

Quel tizio mi ha scritto che papà è con voi al pronto soccorso.

Come dici? Ma che…

Dice che sono un figlio fortunato, che secondo lui siete molto innamorati, per come vi guardate e per come vi baciate.

Io, noi… Alex… Ne parliamo a casa, va bene?

Ora trema. Ora l’ha capito che ha un buon motivo per stare male, anche se di sicuro non si sentirà spaccata in due come me.

È un discorso complicato, Alex, ma sono sicura che… Lo spiego io a papà, ok? Non dirgli niente per adesso. Per favore. 

Va bene dico io, e mentre le chiudo il telefono in faccia vedo riapparire la chat col boomer, con quell’emoji assurda in fondo al display e una testa di rapa spiaccicata in alto.

Prendo fiato, chiudo gli occhi.

E quando li riapro alla rapa sono spuntati due occhi grandi così e una bocca viola, che si sta socchiudendo per farmi un sorriso tutto storto.

Giugno 2023

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