Renzo Favaron

Einer der traume gottes

ANNO 01 | NUMERO 10 | AGO 2023

Io non so che di creature

malformate: bambole rotte

a cui manca la testa, i piedi,

a cui nessuno più bada.

 

Uomo non c’è là fuori.

Un miasma di verminose

fosforescenze è ogni strada,

eczema di volti, questi volti

 

come di straniati reduci.

Là, ovunque è un tempo

dove un osso incipriato

gela nella pozzanghera

 

al posto della foglia.

La carne marcisce nell’aria

d’intorno ed è poca cosa

il coro delle strida

 

a paragone del silenzio dei morti.

Graffia sulla porta un anno

velenoso tutto autunnale,

che ingiallisce all’istante la carta

 

chiusa ermeticamente nei cassetti.

Questo so, questo di creature

malformate all’urgere di un tempo

dove è ordinario vedere una donna

 

circondata da uno sciame di mosche

che lenta va dietro alla sua bara.

Una rosa più insozzata

di un mercato di vermi stringiamo

 

al cuore, siamo pesce rovesciato

sulla terraferma che si dibatte

in salti disperati, piangiamo insieme

bocciuoli e non aggiungiamo




che un po’ di febbri e di suppliche.

Tutto è un continuo fuggire,

il cipresso soltanto resta accanto.

Signore, dimmi: è sciocco credere

 

allo svitato becchino così allegro

perché il diluvio per lui è cominciato

e la sventura vive nell’attesa felice?

Oh, non basta proprio mai

 

l’odore dell’incenso a lenire

il sapore di lacrime nere, in noi,

feretri ambulanti buttati qui

come chi pesta i piedi alla morte.

Agosto 2023

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