Renata Rava

Memorie e caffè

ANNO 02 | NUMERO 15 | GEN 2024

I EPISODIO

– Buongiorno! – 

La voce delle tre attempate sorelle risuona unisona.

– Buongiorno, caffè? Il solito? – chiede il giovane barista riconoscendo la piccola e fedele clientela.

– Sì grazie!

– Ci possiamo sistemare qui fuori? – dice la più giovane delle tre accennando all’unico tavolino da quattro nel giardinetto attiguo.

 – Certo, vengo subito a sistemare! Ho delle brioches mignon integrali ai mirtilli …- propone il giovane, discreto, ma certo di cogliere appieno la salubre golosità di quelle donne.

Le tre donne si siedono accomodandosi, come sono solite fare, a quel tavolino del bar caffetteria in cui si ritrovavano occasionalmente, ma con una certa regolarità.

– Devo dirvi subito una cosa! – interviene vivacemente Silvia, la maggiore.

– Mi è arrivata una lettera e ho ricevuto anche una telefonata: vi ricordate di quel vecchio parente alla lontana della zona del Cremasco di cui anni fa abbiamo talvolta sentito parlare? Un certo signor Mario, amico di un cugino del papà…? –

– Non so di chi parli! –  A rispondere decisa è Franca

– Se ha avuto a che fare col papà avrà più di cent’anni…- incalza sorridendo Grazia.

– Beh, questo tizio mi ha chiamato l’altra mattina e mi ha detto che ci terrebbe tantissimo a vederci. Vuole incontrarci! – continua Silvia.

– Ma chi?  Noi? Nemmeno ci conosce – ribadiscono le sorelle

– Sì, sì, proprio noi: dice che ha qualcosa da consegnare alla famiglia che riguarda papà.

– Chissà di cosa si tratta? Certo non un’eredità né di soldi né di terreni.

– Infatti, non so neanche se vale la pena andare fino a là?

– Un giro da quelle parti si può sempre fare…

– Non mi risulta ci sia niente di interessante né da fare né da vedere, ma se vogliamo andare… invece di prenderci il caffè qui, ce lo possiamo prendere in piazza al paese.

– Ecco i caffè e le brioscine- sorride il cameriere che ha aggiunto alle tazze sul vassoio un vasetto di luminose mimose gialle.

II EPISODIO

Sulla sponda del fiume Adda i campi sono gialle distese.

L’erba alta solletica i passi delle tre sorelline che si rincorrono dirigendosi verso l’argine di un fossato.

È là, sedute nello spazio di terra umida tra lo scorrere dell’acqua e le messi, che passano il loro tempo, assorte talvolta nei giochi di ricerca e scoperta e altre volte dalle confidenze in serrati dialoghi. 

È l’ora più calda e si deve rientrare a casa.

All’improvviso però le raggiunge il fischiettio amico di Cesare, loro compagno di avventure.

L’amico arriva a portandosi dietro una serie di bastoni e sacchetti.

– Che cos’hai Cesare? A cosa serve tutta quella roba? – domanda Silvia.

– È un retino o meglio sarà un retino. Oggi voglio fare una bella raccolta di rane.- risponde orgoglioso il ragazzo.

Le rane sono in quei fossi come le lentiggini sul volto di Silvia; ovunque senti il loro gracidare. Nell’acqua, sui sassi, al bordo della riva tutto è movimento e vita nel loro gonfio respiro e nel loro saltellare ritmato.

Cesare non rimane fermo un attimo: si toglie le scarpe, ma non i calzini, e comincia la sua ricerca sul bordo del fiume. Le tre bimbe sono calamitate dalla sicurezza del ragazzo. Vorrebbero fermarsi… almeno a guardare.

– È tardi – dice la maggiore – ora dobbiamo per forza andare.

III EPISODIO

La barella ha appena raggiunto il centro di raccolta attiguo alla tenda dell’infermeria. Giacciono là, in attesa di una prima visita, i feriti che arrivano dal fronte più esposto.

Enrico è ferito gravemente. È esangue: il volto nella sua purezza giovanile si mostra violaceo, gli occhi sono infossati.

– Entrate, entrate subito – quasi comanda il medico di guardia riconoscendo quel livore al suo arrivo, ma non è più necessario.

Alla prima visita del medico, il giovane è già un nuovo cadavere.

– Sembra proprio un bambino. –  è il commento della temprata infermiera mentre con una carezza di madre accompagna per un ultimo saluto i capelli di quel giovane volto.

L’inutile strage della guerra ha preso anche questo giovane fante e nel pensiero di tutti la pesantezza di tanto disfacimento combatte con l’esigua speranza della fine di quella lotta di uomini in trincea.

IV EPISODIO

– È proprio una bella giornata! – con queste parole Silvia saluta le sorelle che sono appena salite in macchina.

– Un cielo così azzurro è quello che ci vuole per la nostra piccola gita in campagna- le fa eco una delle sorelle.

– Ancora non capisco che cosa si vada a fare da quell’ignoto personaggio. Che cosa mai avrà da darci? – commenta la terza.

– Non preoccupiamoci troppo; ormai è solo questione di un paio d’ore e lo sapremo. Poi ci prendiamo il nostro caffè e, se tutto va bene, siamo a casa per pranzo. 

Il tempo del viaggio delle tre sorelle verso il paese di origine di una parte della famiglia passa velocemente tra confidenze e ricordi. Si passa il santuario di Caravaggio e a pochi chilometri ecco il cartello Capralba.

– Hai preso l’indirizzo?

– Sì, dai. Va bene che la memoria fa brutti scherzi, ma fino a lì mi ricordo.

– È questa la casa – afferma con vigore Grazia, confrontando il numero civico.

– Chi cercate? –  è la voce di una signora più o meno della loro età che si affaccia alla porta della casa vicina.

– Mario Cervi. Abita qui? – è la domanda quasi univoca delle sorelle. 

– Sì, sì, abita qui, ma non c’è: è ricoverato da un mese per Covid; è conciato, povero Mario, chissà se la cava?

– Mi spiace – dice Franca, quasi scusandosi per un primo motto di sofferenza per quella imprevista situazione – Ci ha chiamato un paio di mesi fa; eravamo d’accordo che ci saremmo incontrati oggi: avevamo concordato di vederci.

– Che si fa? – lo sguardo interrogativo fra le donne si risolve nella pronta battuta di Franca: – Andiamo a berci un caffè! 

V EPISODIO

Il caffè bar centrale è una minuscola bottega nell’altrettanto piccola piazza del paese.

Lo spazio adiacente alla vetrina allarga il servizio in rustici tavolini all’aperto.

A fronte la chiesa del paese, una facciata in mattoni lombardi con una Madonnina sopra il grande portone che sembra lei stessa partecipare alla quieta vita del paese. Sedute al tavolino nella calda ora della mattinata primaverile, le sorelle, bevuto il sacrosanto caffè, si soffermano a chiacchierare.

– Aiuto! Guardate quel matto in bicicletta! – dice Silvia.

L’attenzione di tutte e tre si sposta verso la sagoma che procede a zig zag, scansando velocemente i pochi passanti e sembra diretta proprio verso il bar o meglio proprio verso il loro tavolino.

–  Eccomi- dice quasi urlando e ansimando quel non giovane signore che è sceso dalla bicicletta e si rivolge con disinvoltura alle signore.

– Ci mancava solo questo tizio…- dice sottovoce Grazia alla sorella più vicino.

– È proprio una giornata di imprevisti poco piacevoli…

– Buongiorno! –  risponde Silvia mostrando le distanze all’intruso che pur le risulta simpatico.

– Eccovi ed ecco qua! –  dice deciso l’uomo tirando fuori dalla tasca una scatoletta di velluto blu e posandola al centro del tavolo.  -Ecco da parte del signor Mario Cervi. Avevo paura di non ritrovarvi. La vicina del signor Cervi vi ha sentito parlare del caffè e quindi sono corso qui in piazza… è una medaglia per voi, per la vostra famiglia. È del povero fratello del nonno Antonio: Enrico quello morto giovanissimo in guerra- spiega con una nota di dispiacere.

Le sorelle si guardano tra loro perplesse: sebbene il nonno Antonio sia stato realmente loro nonno, non sentono molto confidenza nè piacere a quelle parole. Stentano a capire e rimangono mute.

– Ma?!? Non mi riconoscete? Non sapete proprio chi sono?

Silenzio e imbarazzo nascondono la curiosità delle donne che vanno via via mostrando interesse.

– Le rane… il rosolio… la mentuccia…- dice centellinando il pover’uomo con un sorriso che diventa via via inconfondibile.

– Sono Cesare! Quello della cascina, figlio della Mariuccia… non vi ricordate dei giochi e dei salti nei fossi?

– Cesare!!!- esclama la maggiore.

– Oh, mamma mia, questo poi…- incalza Franca 

– E tu? Sei la piccola Graziella? – riprende Cesare interpellando la minore. 

Un sorriso risponde affermativamente e poi sono strette di mano, smorfie e sorrisi, domande e intercalare di voci e di suoni.

E tutto diventa un profondo e vivo ricordo.

Gennaio 2024

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