Daniele Israelachvili

3457778882

ANNO 02 | NUMERO 16 | FEB 2024

Erano stati costretti a darsi appuntamento. Quando Lupin le aveva proposto di vedersi al bar di fronte al tribunale, due pensieri fecero a gara per arrivare primi nella testa di Margot: 1) E adesso che faccio? 2) Conosceva quel bar. Il punto 2) la convinse che incontrarsi fosse un segno del destino e quindi alla domanda del punto 1) rispose di sì, aggiungendo una faccina sorridente con goccia di sudore sulla fronte.

Dopo aver tolto il visore e i sensori dalle tempie, Lupin si tirò su le mutande, poi i pantaloni e scese dalla macchina. Una volta chiusa la porta del garage controllo nuovamente, per vedere se era tutto in ordine, e tirata su la zip, andò verso l’ascensore. Sua moglie era in casa, ma non aveva voglia di riprendere la discussione, oggi proprio no, così quando andò in bagno, trovandola sotto la doccia, si limitò a salutarla. Voleva solo prepararsi e uscire per andare all’appuntamento, e invece adesso gli toccava aspettare. Decise nell’attesa di farsi la barba. Da quanto tempo non si sentiva così vivo. Era invecchiato, è vero, pensava mentre faceva scorrere la lametta sul viso, ma dentro ah, dentro si sentiva un ragazzino. Altroché boomer, come lo chiamava suo figlio ormai da anni. Un boomer non avrebbe appena fatto sesso con una che non aveva mai visto, e per giunta di pomeriggio.

“Ma ti fai la barba vestito?” gli chiese sua moglie quando uscì dalla doccia. Lupin si rese conto solo in quel momento di indossare ancora il completo da lavoro. Nel riflesso dello specchio la guardava: gli anni erano passati anche per lei. Ma non era il suo corpo a non attrarlo più. Era l’assenza di mistero. Avevano giocato per così tanto tempo allo stesso gioco, conoscevano così tanto bene le mosse dell’altro, che sapevano già come sarebbe andata ogni volta: a letto lui si sarebbe dato da fare baciandola là sotto, non stando davanti, ma di lato come piace a lei. Poi, quando lei sarebbe stata pronta, l’avrebbe fatto spostare e sarebbe venuta sopra. Lui le avrebbe messo le mani sul sedere, alzando leggermente il bacino, e per il resto del tempo avrebbe cercato di trattenersi. Lei si sarebbe concentrata, sapendo che lui avrebbe resistito ancora per poco, poi, senza baciarsi, avrebbero in qualche modo terminato. Ma non era sempre andata così. Un tempo erano stati anche talmente ubriachi che l’avevano fatto per strada, accanto alla loro macchina. Guardandoli ora, chi avrebbe potuto crederlo.

Nel frattempo Margot stava scegliendo il vestito da mettersi, quando si bloccò al pensiero di poter essere rifiutata. È vero che si erano parlati tanto in queste settimane, e che solo un’ora prima avevano fatto sesso, ma non erano proprio loro. Quando l’app aveva fatto il match era stato lui a proporle di scegliere la coppia Lupin e Margot. Lei aveva accettato perché aveva sempre desiderato avere un seno più grosso. Era stato divertente parlare con la voce di un cartone animato, vivere in un mondo parallelo, ma ormai il mese era scaduto e l’opzione free terminata. Continuare a vedersi in quella modalità sarebbe costato troppo, non se lo potevano permettere. Quindi, o decidevano di vedersi nel mondo reale, oppure si sarebbero persi per sempre. D’altronde, non era quello il motivo per cui aveva seguito il consiglio di Marta e scaricato l’App?

Lupin era seduto sul letto, immobile. L’entusiasmo iniziale era svanito. Si rendeva conto che chiunque avesse incontrato, anche nella migliore delle ipotesi, non sarebbe mai stato eccitante come Margot. Probabilmente ne era già consapevole quando le aveva proposto di incontrarsi, ma era appena venuto e soffriva all’idea che uscisse dalla sua vita.  A ogni modo, cosa aveva da perdere? si chiese, anche se poco convinto. Male che vada mi toccherà stare lì per un’ora, prima di andarmene con la scusa del calcetto. Così prese la sacca, salutò la moglie e uscì.

Margot arrivò per prima e si sedette in un tavolino appartato. Guardandosi attorno pensò che forse si era vestita troppo elegante per un aperitivo. Tirò fuori uno specchietto, si sistemò i capelli e lo rimise via. Tolse gli occhiali da sole e li appoggiò sul tavolino. Ma subito cambiò idea e li rimise. Incrocio le gambe, poi si raddrizzò sulla sedia, e alla fine, non sapendo che altro fare, ordinò un calice di prosecco. Mentre stava per bere l’ultimo sorso il cellulare squillò. Era la maestra del dopo scuola. Suo figlio si era fatto male inciampando in giardino e aveva sbattuto la testa contro la casetta dei giochi. Il taglio era piccolo però si era gonfiato. Che fare? Chiamò suo marito che ovviamente non rispose. Va bene, va bene, disse tra sé. Andò alla cassa poi si avvicinò alla cameriera prese il suo taccuino, ci scrisse sopra, e le diede un foglio piegato, insieme a cinque euro.

Lupin parcheggiò apposta lontano, per prendere tempo, maledicendosi a ogni passo: Perché non aveva chiesto a lei un segno distintivo, invece di dirle che avrebbe portato lui con sé una borsa nera della Nike? Se fosse stata un cesso o fosse sembrata una pazza avrebbe potuto darsela a gambe. Stupido, stupido, continuò a dirsi, ma ormai era arrivato.

Una volta seduto cercò di intercettare lo sguardo della cameriera, ma senza successo. Il tempo passava e non poteva fare altro che aspettare, guardandosi attorno nervosamente: troppo giovane, speriamo che sia lei, dio mio ti prego no. Poi pensò che magari la borsa poteva non vedersi e così la mise sulla sedia accanto. Quando finalmente la cameriera lo raggiunse, lei si ricordò della donna e gli diede il biglietto: “Mi dispiace, sono dovuta scappare via. Chiamami 345777882”. Una volta letto, si dimenticò di dirle cosa volesse ordinare, ma rimase immobile, concentrato, come se dovesse decifrare un codice, come se il numero di telefono di sua moglie fosse un enigma da risolvere.

Febbraio 2024

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